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RESOCONTI  DI  OMICIDI
Pensando all’omicidio di Isabella Noventa, mi è venuto in mente una puntata del “Tenente Colombo” che avantieri ho seguito brevemente perché l’avevo già vista molti anni fa. Si trattava dell’alibi costruito su di una maschera fotografica indossata dall’amante dell’omicida, ripresa dalle telecamere della polizia stradale mentre viaggiava ad alta velocità sull’auto dell’assassino il quale in quel momento stava commettendo altrove un omicidio premeditato.
In questo caso non interessa la coincidenza della trama delle due vicende, ma lo sviluppo dello sceneggiato televisivo del Tenente Colombo che, come tanti altri romanzi polizieschi, dedica più spazio agli assassini e agli investigatori che alla vittima. L’ucciso è una figura lontana, non si vede nei dettagli la sua sofferenza, non viene dato risalto al suo passato: tutto è incentrato sulla cattura dell’assassino che viene presentato come una persona normale.
Non è così nelle “Vite dei martiri cristiani”, dove ampio spazio viene dedicato alla biografia dei santi e poco ai loro aguzzini, con il risultato che si ricordano le vicende dei santi e non quelle degli assassini.
Attualmente, con il bombardamento mediatico, la morte e l’omicidio sono eventi lontani che non impressionano più di tanto. Muore atrocemente una persona ? Interessa poco e non rimane che un ricordo sbiadito. In Siria stanno morendo migliaia di persone ? Fanno vedere più il fumo che i cadaveri sbrindellati, non raccontano la biografia di quelle persone quasi fossero degli oggetti, fanno vedere le armi e non il sangue, tutto questo per non impressionare le persone che ascoltano ed osservano distaccate mentre cenano e che poi dimenticano e vanno al cinema.
In altri termini la morte è un fatto banale: che muoiano persone o formiche è la stessa cosa. La vita non conta niente. Mors tua vita mea. L’esistenza è un fatto puramente materiale. Se ci sei oppure no, non cambia niente: la vita continua. Ormai non si provano più emozioni: basta guardare da un’altra parte e non riflettere.
Potrei continuare con simili considerazioni, ma mi limito a ribadire che dai mezzi di comunicazione di massa proiettano troppi filmati polizieschi e resoconti giornalistici di omicidi privati e militari dove la morte non emoziona e quando non si provano sentimenti ci si materializza e si inaridisce. Certe volte guardo persone grassottelle che mangiano raggianti e già penso a che fine farà il cibo.
Garda, 18 febbraio 2016

P.S. Anche gli assassini tendono a svuotare il senso della vita, la quale per loro non conta nulla, basti pensare ai piloti statunitensi che partivano nottetempo dalla base italiana di Ghedi per sganciare le loro bombe all'uranio impoverito sulle teste dei bosniaci senza vedere dove bombardavano (solo coordinate geografiche) e senza vedere chi uccidevano. Si comportavano come dei postini che imbucavano le lettere nelle caselle postali numeriche: uccidere è premere un bottone distruggendo, ad esempio, un edificio senza vedere chi c'è dentro (ricordare Nagasaki e Hiroshima).
Cagliari, 19 febbraio 2016
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